
L'industria discografica
L'industria discografica capisce che i giovani hanno bisogno di identificarsi con i propri idoli e costruisce intorno a questa esigenza un mercato fatto di cinema, televisione, radio, dischi, abbigliamento, giornali e gadget vari.
L'industria discografica si divide in Major e Indies: le prime sono grandi gruppi industriali appartenenti a multinazionali e le seconde sono etichette indipendenti molto più piccole delle grandi Majors.
Dal punto di vista del contesto economico, l'industria discografica rappresenta un oligopolio differenziato: poche grandi imprese che vendono prodotti diversi fra loro (si va dalla musica classica alla musica metal passando per la musica pop).
Le case discografiche hanno lo scopo di valorizzare e vendere il lavoro creativo dei loro artisti.
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L'industria discografica investe per lo sviluppo e il lancio di nuovi talenti più delle altre grandi multinazionali di altri settori, addirittura più dell'industria farmaceutica e delle biotecnologie.
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Il commercio musicale si diffonde partendo da un bene intangibile - la musica - grazie all'innovazione tecnologica e si basa sul copyright (diritto di proprietà intellettuale). Ma con l'avvento di internet le cose sono cambiate: le case discografiche si trovano a dover attuare nuove strategie come abbassare i prezzi, trasformare la musica in formati più convenienti e offrire servizi nuovi.
L'interazione con il consumatore finale diventa fondamentale: si parla di performance offstage riguardanti le capacità di networking e blog post degli artisti. Nuove strategie dunque.
Mentre un tempo non c’era scelta se non comprare un intero album, ora con la vendita dei formati musicali digitali e la prevalenza di musica scaricata e la popolarità del file-sharing hanno dato ai consumatori il potere di scegliere cosa pagare in modo più specifico. Niente più album e solo singoli messi a disposizione online per il download e EP.
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Le fonti sono cambiate: il 34,5% paga musica online il 28,1% usa p2p il 26,7% streaming da social network, 26,6% radio station,21,2% dai siti degli artisti. Anche google ormai ha creato la sua piattaforma musicale a pagamento.
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E’ ovvio ,dunque, che la tecnologia sta avendo un impatto reale sul modo in cui la musica viene fatta e usata. Softwer musicali specializzati e i costi di hardwer decrescenti ora rendono possibile registrare,pubblicare e distribuire lavori di alte qualità da casa. Si parla dell’era della democratizzazione musicale.
Non vi è modo di resistere al cambiamento, vi è piuttosto un modo per aggirare il problema: adeguarsi e sfruttandolo a proprio vantaggio. Non tutti gli artisti si lasciano scoraggiare.
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Il comportamento del pubblico cambia e nuovi modi di fare musica danno adesso l’opportunità agli artisti di mettersi in contatto con i fan senza seguire le restrizioni imposte dalle case discografiche. Oggi gli artisti e i musicisti vogliono che internet gli faccia raggiungere gli ascolti globali. Voglio distribuire e contrattare la musica a modo loro mantenendo il controllo del rapporto tra artisti e i fans. Sempre più artisti decidono di rimanere indipendenti e creano il loro website per promuovere e distribuire musica. Anche se gli artisti indipendenti non posso compete con i major label essi insieme alla collettività possono essere dei competitors formidabili, moltiplicando le scelte e innovando le possibilità di ascolto e produzione. Il ruolo più importante rimane comunque al pubblico che deve cercare nuove sensazioni e interagire con gli artisti.
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Oggi le barriere tra artista e fans ,imposte dalle case discografiche, non ci sono più. Oggi si parla di interattività. I musicisti e i loro fans si muovo insieme senza limitazioni di spazio e di tempo grazie ad internet.
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